Caro Carlo,
innanzi tutto complimenti per il grande post: strumenti pratici come i protocolli che riporti sono richiesti tutti i giorni da tanti colleghi. E il blog si rivela ancora una volta uno strumento di lavoro…
Anche durante i corsi le questioni sollevate dal post e dai commenti saltano fuori in continuazione. Continuo a pensare che il vero punto fondamentale in sedazione procedurale sia stabilire un target. Dice bene anche Mattia: che livello di sedazione vogliamo ottenere? Per quanto tempo? In quale paziente? La scelta del farmaco sarà fortemente condizionata dalle risposte a queste domande. Se sia meglio il propofol o l’associazione fentanyl+midazolam continueremo a domandarcelo ancora a lungo (personalmente preferisco una formulazione nella quale l’analgesia con oppiaceo sia ben presente…). E comunque continueremo a confrontarci con la frequente assenza di alcuni farmaci nelle nostre strutture: non molti hanno la ketamina, qualcuno non può usare il propofol, qualcuno addirittura non ha il fentanyl. Continueremo ad adattare alcune necessità nostre (veramente più dei pazienti che nostre!) alle disposizioni regolatorie locali che spesso sono particolarmente miopi, per usare un eufemismo.
E poi c’è il problema della competenza: quell’articolo segnalato da Arianna sull’attitudine dei “non-anestesisti” urla vendetta. Da tempo ho imparato a diffidare di chi (per fortuna non tutti gli anestesisti) divide il mondo in anestesisti e non-anestesisti. Faccio parte dell’ultima categoria, e dunque potrei essere un pediatria, un ortopedico, un chirurgo, magari anche un medico d’emergenza urgenza. Ma i nostri background, come si dice, sono ben diversi. E poi, che senso ha valutare la prevedibilità di eventi avversi maggiori in sedazione procedurale esaminando le risposte di persone che, per il semplice fatto di essere iscritte a un corso, sono evidentemente in fase di formazione e non hanno ancora acquisito una competenza? Ci sono esempi illustri in letteratura di anestesisti che quando spostano il punto di vista da posizioni corporativiste alla realtà dell’outcome di pazienti trattati con criteri corretti devono riconoscere la validità della sedazione procedurale eseguita da altri specialisti.
Certo, questo ci porta ancora una volta al problema dell’acquisizione di specifiche competenze, e su questo dobbiamo ancora lavorare molto.
Confrontare il paziente della Sala Operatoria o della Rianimazione con il paziente del Pronto Soccorso è una manovra un po’ azzardata, per quanto necessaria quando si cercano evidenze sui farmaci. L’esempio più chiaro lo abbiamo dal dibattito sulla ketamina. I comportamenti quotidiani di Anestesisti e Medici d’Emergenza Urgenza iniziano in questi anni a differire profondamente proprio rispetto alla ketamina, che offre dei vantaggi che sono spesso “vitali” nel setting dell’Emergenza rispetto a condizioni che nell’ambito della Rianimazione vengono risolte differentemente. Ancora una volta ci si ritrova a discutere di target differenti: nel Pronto Soccorso ben difficilmente avrò necessità di sedazioni così prolungate come in Rianimazione, e al contempo l’evolutività e l’imprevedilità del mio paziente nelle prime ore (si pensi al trauma) saranno massime. Fatte salve le controindicazioni assolute di cui si è già parlato, la possibilità di utilizzare un farmaco con profilo emodinamico eccellente, curva della CO2 favorevole, e fortemente analgesico e sedativo (meglio dire dissociativo) sembra davvero irrinunciabile in emergenza. E questo accade nel paziente più critico così come in altre situazioni, meno “life-threatening” ma egualmente cruciali in un Pronto Soccorso. Poche settimane fa abbiamo messo circa 80 punti di sutura al capo di una bimba di venti mesi, azzannata da un cane: è stata sedata con ketamina i.m. 5 mg/kg. È stato necessario praticare tre somministrazioni per una procedura che è durata poco meno di un’ora e mezza. L’unica alternativa, almeno in un ospedale come il mio, sarebbe stata portare la bimba in sala operatoria e intubarla.
La verità è che abbiamo a disposizione uno spettro di soluzioni: ci metto dentro anche il protossido d’azoto premiscelato al 50% in associazione con altri farmaci, sedativi o analgesici. Le nostre scelte in questo spettro dipendono da molte considerazioni e dalla disponibilità locale. Ma mi accorgo che quel che voleva essere un breve commento di complimenti sta diventando davvero troppo lungo. Avremo altre occasioni.
Nel frattempo continuate tutti così, per primo tu, Carlo, e poi tutti gli ottimi commentatori. È un piacere leggervi. Resto in attesa della seconda puntata, naturalmente…